Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD)

Sintomi e Cura

Nel DSM IV (1994), così come nella sua successiva rielaborazione, il DSM IV-TR (2000), i sintomi del Disturbo Post Traumatico da Stress sono raggruppati in tre grandi categorie principali: i sintomi intrusivi, i sintomi di evitamento e di attenuazione della reattività generale e i sintomi di iperattivazione.

Il primo gruppo comprende tutte quelle esperienze in cui l’evento traumatico viene rivissuto dal soggetto: incubi notturni o stimolazioni visive, olfattive, uditive, tattili, gustative o propriocettive che rimandano indirettamente o simbolicamente all’esperienza traumatica generando un forte disagio psicologico e/o reattività fisiologica.
Nei bambini l’intrusività può inserirsi in giochi ripetitivi o stereotipati che mettono in scena in modo diretto o simbolico l’evento traumatico; inoltre, i loro sogni connessi al trauma hanno un contenuto profondamente diverso dalla rappresentazione fattuale dell’evento, tanto da portarli spesso a non rendersi conto di stare rivivendo il passato.

La seconda categoria è composta dai sintomi di evitamento e di attenuazione della reattività generale. I primi portano il soggetto, più o meno consapevolmente e automaticamente, ad allontanare luoghi, persone o attività legate più o meno direttamente al trauma, così come a reprimere pensieri e ricordi ad esso connessi. In alcuni casi gli individui rimuovono completamente aspetti fondamentali dell’evento traumatico, o li ricordano in modo frammentato e confuso. I sintomi di attenuazione della reattività sono responsabili della diminuzione degli interessi anche nei confronti delle persone significative, accompagnata a sentimenti di distacco e di estraneità; spesso si arriva a un’incapacità di provare emozioni positive e di pensare al proprio futuro in termini positivi.
Tali sintomi non sono però di tipo depressivo.

Nella terza categoria, infine, sono presenti i sintomi di iperattivazione. Infatti, l’aumentata attivazione fisiologica presente in questi soggetti genera forti difficoltà nella concentrazione, difficoltà di addormentamento o nel mantenere il sonno, una costante ipervigilanza e risposte di allarme esagerate. Il paziente può divenire di facile irritabilità o presentare scoppi di rabbia inopportuni o esagerati rispetto al contesto. Secondo recenti studi di laboratorio (Orr et al., 1995), l’aumento della reattività del soggetto è finalizzata a contrastare i ricordi relativi al trauma riaffiorati nella mente dell’individuo.

Molte ricerche (Shalev et al., 1996, Friedman 2000) documentano che non tutti coloro che si trovano esposti a un esperienza traumatica sviluppano il disturbo post-traumatico da stress. In certi casi un trauma può fungere da catalizzatore di adattamento, attorno a cui l’individuo ridefinisce i propri valori e obiettivi, riordinando il precedente caos interiore; sarebbe quindi inutile cercare di identificare la potenzialità patogena di ciascun evento traumatico. Diversi sono infatti i fattori che influiscono sull’impatto psicologico di un evento traumatico sull’individuo: i diversi esiti di un’esperienza traumatica dipendono dalla complessa e imprevedibile interazione di tre componenti fondamentali: l’ambiente, l’eredità biologica e le caratteristiche psicologiche.

A seguito di un evento traumatico il cervello potrebbe immagazzinare in modo disfunzionale il ricordo corredato di immagini, emozioni, sensazioni corporee che scaturiscono in tali circostanze. Questi eventi critici possono dar seguito ad un Disturbo Post traumatico da Stress (PTSD).

Criteri diagnostici per il Disturbo Post-traumatico da Stress secondo il DSM-VI-TR

A

La persona è stata esposta ad un evento traumatico nel quale erano presenti entrambe le caratteristiche seguenti:
la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri.
La risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore.

B

L’evento traumatico viene rivissuto persistentemente in uno (o più) dei seguenti modi:

  1. ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell’evento che comprendono immagini, pensieri o percezioni.
  2. Sogni spiacevoli ricorrenti dell’evento.
  3. Agire o sentire come se l’evento traumatico si stesse ripresentando (ciò include sensazioni di rivivere l’esperienza, illusioni, allucinazioni, ed episodi dissociativi di flashback, compresi quelli che si manifestano al risveglio o in stato di intossicazione).
  4. Disagio psicologico intenso all’esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano, o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico.
  5. Reattività fisiologica o esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano, o assomigliano a, qualche aspetto dell’evento traumatico.

C

Evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma e attenuazione della reattività generale (non presenti prima del trauma), come indicato da tre (o più) dei seguenti elementi:

  1. sforzi per evitare pensieri, sensazioni o conversazioni associate con il trauma.
  2. Sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma.
  3. Incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma.
  4. Riduzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad attività significative.
  5. Sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri.
  6. Affettività ridotta (i.e. incapacità di provare sentimenti di amore).
  7. Sentimenti di diminuzione delle prospettive future (i.e. aspettarsi di non poter avere una carriera, un matrimonio o dei figli, o una normale durata della vita).

D

Sintomi persistenti di aumentato arousal (non presenti prima del trauma), come indicato da almeno due dei seguenti elementi:

  1. difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno.
  2. Irritabilità o scoppi di collera.
  3. Difficoltà a concentrarsi.
  4. Pervigilanza.
  5. Esagerate risposte di allarme.

E

La durata del disturbo (sintomi riconducibili ai criteri B, C e D) è superiore a 1 mese.

F

Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti.

L’EMDR agisce ad un livello neuropsicologico

ed è basato sulla stimolazione alternata dei due emisferi attuata nel momento in cui il paziente sta richiamando l’esperienza traumatica.

IL TRAUMA NEL BAMBINO DA 0 A 6 ANNI

A seguito dell’esposizione a eventi critici (ad esempio, catastrofi naturali, atti di violenza, la morte di un amico o un familiare), non è raro per i bambini tendano a mostrare sintomi di disagio acuto (come shock, pianto, rabbia, confusione, paura, la tristezza, il dolore, e il pessimismo). Nella maggior parte dei casi queste reazioni sono temporanee e gradualmente tendono a diminuire nei giorni e nelle settimane successive all’evento. Tuttavia, vi sono casi in cui tali reazioni vengono sono parte di più grave trauma emotivo. Le reazioni degli adulti di fronte ad un evento traumatico può avere influire sulla traumatizzazione dei bambini. Tre sono le modalità descritte nelle quali può presentarsi lo stato di stress post-traumatico relazionale:

  1. Ritiro/non ricettività/indisponibilità: i genitori, che nella maggior parte dei casi hanno subito in precedenza altri traumi, sono psichicamente indisponibili per il bambino.
  2. Iper-protezione/costrizione : i genitori sono preoccupati che il trauma possa riaccadere di nuovo e provano un senso di colpa per non essere riusciti a proteggere il loro bambino durante l’evento traumatico.
  3. Ricostituzione della scena traumatica/ messa in pericolo/ terrore: questioni e allusioni che si ripetono incessantemente riguardanti l’evento riattivano nel bambino il trauma; nei casi estremi il piccolo viene messo in situazioni nelle quali si trova a rischio di subire nuovi traumi.

L’effetto che la reazione genitoriale al trauma del bambino può avere sul piccolo, può assumere diverse forme:

  • Minimale: impatto minimo dell’evento sul bambino
Mediatore: l’impatto sul bambino non deriva dall’evento in sé, ma dalle conseguenze riportate dalla madre.
  • Moderatore: le risposte della madre influiscono sull’evoluzione dello stato del bambino.
  • Combinato: i due partner sono traumatizzati e le loro risposte emotive si acerbano reciprocamente.

In generale la reazione genitoriale è considerata uno dei due principali fattori predittivi della capacità di adattamento del bambino a fronte di situazioni traumatiche (Smith et al., 2002).
Nella fascia d’età inferiore ai 3 anni, infatti, i disturbi post-traumatici si allontanano dai criteri classici del PTSD. L’incapacità del bambino piccolo di evocare verbalmente la propria esperienza soggettiva, previsto per 8 dei 18 criteri del PTSD nel DSM-IV, si esprime attraverso lo stress.
Infine, nella fascia di età dai 2 ai 6 anni si aggiungono comportamenti e produzioni (disegno e gioco) ripetitive che riprendono alcuni aspetti del trauma, comportamenti di evitamento con manifestazioni ansiose quali paura e anticipazione della separazione (si aggrappa all’adulto) e paure specifiche (paura del buio, di restare solo, di alcuni rumori..); fenomeni di fuga dissociativa quali flash-back, illusioni, allucinazioni..; tristezza e sentimenti di vergogna.
I sintomi non specifici che appaiono in questa fascia d’età sono:

  • comportamenti regressivi, quali parlare come un « bebé »
  • ripresa della suzione del pollice
  • avidità per i dolciumi
  • ansia dinnanzi agli sconosciuti o, al contrario manifestazioni affettuose rivolte a tutti gli adulti
  • enuresi o encopresi secondaria
  • ritardi nello sviluppo del linguaggio e psicomotorio, accompagnato da arresto o ritardo nello sviluppo ponderale
  • somatizzazioni dolorose, quali dolori addominali, cefalee..
  • disturbi caratteriali come irritabilità, opposizione, rifiuto, aggressività e eccessi di collera o comportamenti di ritiro e mutismo.

IL BAMBINO DA 6 A 12 ANNI

Nella fascia d’età dai 6 ai 12 anni si riscontrano maggiori sintomi appartenenti alla categoria del PTSD.

Il bambino sembra perdere o modificare i propri interessi abituali e ha la tendenza a ritirarsi e a mettere in atto giochi ripetitivi.

Tale attitudine presenta ripercussioni importanti sul rendimento scolastico: difficoltà di concentrazione e disturbi di memoria, problemi di adattamento scolare dovuti alla paura di lasciare il domicilio familiare o i genitori. Si assiste, inoltre, ad un’accentuazione dell’ipervigilanza, e all’apparizione o al ritorno di fobie specifiche (Vila et al., 2001). Permangono, inoltre, le manifestazioni somatiche dolorose, i disturbi sfinterici secondari e le modificazioni caratteriali e comportamentali, con episodi frequenti di aggressività, irritabilità, collera violenta, opposizione sistematica etc.

In questa fascia d’età si assiste frequentemente alla comparsa di sintomi d’ansia quali la paura di separarsi dai genitori o dalle figure di attaccamento, la paura di essere abbandonati o che succeda qualcosa ai genitori e/o di manifestazioni depressive che includono il lutto patologico e i sensi di colpa, specialmente se il bambino si trova in una posizione di sopravvissuto, e che si manifestano sotto forma di inibizione importante (Crocq, 2010).

L’ADOLESCENTE

L’adolescente presenta in parte un quadro clinico comune con l’adulto, caratterizzato da reviviscenze, evitamento e irritabiltà neurovegetativa.

I sintomi specifici (Amaya-Jackson, March, 1995) per questa fascia d’età sono:

  • Sintomatologie dissociative quali flashback, illusioni e allucinazioni
  • Passaggio all’atto che si manifesta attraverso comportamenti autoaggressivi (automutilazioni) o condotte suicidarie, derivanti dai vissuti di colpa (comportamenti autopunitivi). Si tratta di tentativi messi in atto dall’adolescente per sfuggire a stati di vuoto, noia e intorpidimento affettivo, che risultano estremamente dolorosi.
  • Comportamenti aggressivi e delinquenziali derivanti dalla perdita dei riferimenti o della fiducia nell’adulto.
  • Assunzione di droghe e abuso di alcool.
  • Somatizzazioni dolorose e conversioni isteriche (false anestesie o false paralisi, afonie, etc.).
  • Perturbazioni delle funzioni istintuali: disturbi riguardanti il sonno, la condotta alimentare, con episodi possibili di anoressia o bulimia, e il comportamento sessuale (ipersessualità).
  • Disturbi dell’identità e della personalità (stati dissociativi effimeri, insorgere brutale o insidioso di una psicosi), specialmente nei casi di disturbo di tipo II.

L’EMDR per il trattamento del PTSD

L’EMDR si focalizza sul ricordo dell’esperienza traumatica ed è una metodologia completa che utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata per trattare disturbi legati direttamente a esperienze passate e disturbi attuali. È un metodo per il trattamento del trauma che potrebbe agire a livello neurofisiologico perché si basa sulla stimolazione emisferica alternata degli emisferi cerebrali, mentre il paziente si focalizza sulle componenti dell’esperienza traumatica. È noto che i due emisferi cerebrali hanno funzioni diverse e complementari a livello psicologico: l’emisfero sinistro ha un punto di vista più positivo, più analitico, permette di guardare avanti e di progettare. L’emisfero destro tende ad essere più olistico ed è sempre in uno stato di allerta per l’individuazione di pericoli. L’EMDR, potrebbe stimolare simultaneamente la rete positiva del destro mentre vengono evocati i contenuti negativi ed ansiogeni del sinistro, e questo porterebbe ad elaborare l’informazione legata all’esperienza traumatica, perché agirebbe sui meccanismi inerenti l’immagazzinamento della memoria. L’EMDR ha come riferimento teorico il modello di elaborazione adattiva dell’informazione che si basa sul concetto che alcuni disturbi mentali siano il risultato di informazione mantenuta in modo non funzionale nel sistema nervoso dovuto ad una elaborazione incompleta dell’esperienza. Il sistema di elaborazione dell’informazione è innato, il disturbo post-traumatico da stress si svilupperebbe quando questo sistema si blocca e l’evento traumatico rimane isolato dal resto della rete neurale (Fernandez I., Maslovaric G., Galvagni M.V., 2011 ). I risultati di numerosi studi hanno dichiarato l’EMDR un trattamento validato empiricamente e probabilmente efficace nel trattamento del PTSD.